Giovedì 22 novembre p.v. l’Associazione Remo Gaibazzi riprende le attività dopo la pausa estiva con la terza edizione del Mestiere dell’Intellettuale, di cui si acclude il programma.
Presentando nel 2005 la prima edizione dell’iniziativa, l’Associazione dichiarava così le sue intenzioni:
«Si fa un gran discutere della cultura a Parma, se c’è, se non c’è, qual è. Abbiamo pensato che il modo più diretto per affrontare l’argomento fosse quello di invitare intellettuali, parmigiani di nascita o di adozione, a parlare del loro lavoro, dei problemi che devono affrontare e della ragioni per le quali ritengono che le questioni di cui si occupano possano interessare, poco o tanto, anche i non specialisti».
Ritenendo ancora efficace questo approccio, l’Associazione ha di nuovo invitato ad un incontro con il pubblico alcuni illustri esponenti della cultura parmigiana:
– giovedì 22 novembre: Federico Bertoni
– giovedì 29 novembre: Vittorio Gallese
– giovedì 6 dicembre: Maria Bernabò Brea
– giovedì 13 dicembre: Carlo Mambriani
Federico Bertoni è docente di Teoria della Letteratura e Storia della Critica letteraria all’Università di Bologna. E’ autore di numerosi saggi, nonché di quattro importanti volumi: Il testo a quattro mani. Per una teoria della letteratura (La Nuova Italia, 1996); Romanzo (La Nuova Italia, 1998); La verità sospetta. Gadda e l’invenzione della realtà (Einaudi, 2001); Realismo e letteratura. Una storia possibile (Eianudi, 2007).
Il prof. Bertoni parlerà sul tema «Notizie da una riserva indiana: insegnare la letteratura nel XXI secolo». Si interrogherà cioè sul senso di una ricerca e di una professione (quella appunto dell’ insegnante di letteratura) che non possono non sembrare isolate ed anacronistiche nella nostra civiltà sempre più soggetta all’egemonia culturale delle scienze e di sofisticate tecnologie. Eppure, nonostante i libri di saggistica e di critica letteraria siano sempre meno letti, si stampano sempre più romanzi e gli studenti iscritti alle facoltà letterarie non cessano di aumentare: occorre allora cercare di capire quel che la letteratura e la ricerca critica hanno ancora da dire e continuano a dirci.
Vittorio Gallese è ordinario di Fisiologia presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, ma ha insegnato anche presso la Nihon University di Tokyo e la Univesity of California di Berkeley. E’ membro dell’équipe di ricercatori della nostra università, diretta da Giacomo Rizzolatti, che negli anni ’80 ha scoperto i «neuroni specchio», una scoperta che, secondo V. R. Ramachandran, sarà per la psicologia quel che la scoperta del DNA è stata per la biologia.
I «neuroni specchio» sono così chiamati perché si attivano sia quando si compie un’azione sia quando la si vede compiere da un altro soggetto: studiati dapprima in alcuni primati (inizialmente nei macachi), sono stati identificati, attraverso particolari procedure sperimentali, anche nell’uomo. Non è difficile rendersi conto delle implicazioni di questa scoperta in relazione ad alcuni temi cardine della psicologia e della gnoseologia classica: si pensi, per esempio, alla nuova luce sotto cui appaiono i concetti di imitazione, di linguaggio o di empatia.
Vittorio Gallese, nei suoi numerosi scritti (per lo più pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali), si è in particolare occupato della relazione tra neuroni specchio ed intersoggettività, rivalutando, in polemica con l’ancor dominante paradigma delle scienze cognitive, un approccio fenomenologico-ermeneutico. Muovendo dunque dal terreno delle neuroscienze, il discorso si allargherà ad una dimensione interdisciplinare, affrontando problematiche schiettamente filosofiche, con un’attenzione particolare all’esperienza estetica.
Maria Bernabò Brea, genovese di nascita e di formazione, funzionaria della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna fin dal 1980 e, poi, dal 1991, direttrice del Museo Archeologico Nazionale della nostra città.
Specialista della preistoria, cui si è dedicata con passione addirittura a partire dalla tesi di laurea, la signora Bernabò Brea ha al suo attivo numerose campagne archeologiche soprattutto in siti delle province di Piacenza, Parma e Reggio, le cui risultanze sono state esposte in decine di pubblicazioni, nonché nelle lezioni che è stata invitata a tenere presso università italiane e straniere.
In realtà, anche se è nota fin dalle pionieristiche indagini di Pigorini, Stroebel e Chierici sulle terramare, l’esistenza di una grande civiltà preistorica in Emilia, il grande pubblico, abbagliato dalle scoperte più clamorose o che presentano un interesse estetico, tende ad ignorare meno vistose ricerche che però (per esempio in occasione dei lavori per la costruzione dell’alta velocità) hanno consentito di approfondire ed allargare le nostre conoscenze su una civiltà che, secoli prima della colonizzazione romana, già si estendeva lungo quello che diventerà il tracciato della via Emilia.
Carlo Mambriani è professore associato di Storia dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura del nostro Ateneo.
Si è occupato in particolare della cultura architettonica francese del XVIII secolo e di storia del giardino, è stato coordinatore del comitato scientifico internazionale che ha collaborato con il recente restauro del Giardino Ducale, e ha recentemente pubblicato sull’ argomento il volume Il giardino di Parma. Da delizia ducale a patrimonio collettivo di arte e natura (Diabasis, 2006).
La sua conferenza, «Restaurare il vivente: il caso del Giardino ducale di Parma», prenderà spunto proprio da questa vicenda concreta (e che non ha mancato di sollecitare discussioni anche tra i non addetti ai lavori), per affrontare i molteplici problemi di metodo e di sensibilità che l’intervento su un giardino storico comporta, intrecciando istanze artistiche e culturali con esigenze biologiche e sistemiche.